Marino Marioli
PROF. MARINO MARIOLI
(Lettere italiane e latine dal 1940 al 1941)
Nacque a Botticino (Brescia) il 21 aprile 1910. Frequentò il Liceo «Arnaldo» e quindi l'Ateneo di Padova ove si laureò brillantemente in Lettere. Oltre che al nostro Liceo Scientifico, insegnò all'Istituto magistrale «Veronica Gambara» ed all'I.T. I.S. «Benedetto Castelli».
Ma la sua attività non fu rivolta soltanto all'insegnamento. Ancor giovane studente, la passione per il teatro, alimentata dalla guida di Anton Giulio Bragaglia, lo fece protagonista di rappresentazioni goliardiche, quindi animatore di dibattiti culturali, dalla inconfondibile impronta, negli anni sperimentali della televisione.
Durante il secondo conflitto mondiale, dal '41 al 45 fu in Ungheria quale direttore dell'Istituto italiano di cultura a Kassa e internato per un anno, per non aver aderito alla Repubblica di Salò.
Al rientro in Italia, oltre all'insegnamento, allestì numerosi spettacoli, fra i quali ricordiamo: «Il mio cuore sugli altipiani» di William Sarojan, rappresentato nel 1947 entro lo scenario di Palazzo Martinengo, «Regina di Francia» e «Lungo pranzo di Natale» di Torton Wilde, «Stilita» di Pinelli. Ma il suo amore per il teatro toccò la vetta con l'allestimento memorabile di «Adelchi» interpretato da Vittorio Gassman e rappresentato fra i suggestivi resti del Foro romano.
Anche il giornalismo l'attrasse al rientro dalla prigionia. Sia pure saltuariamente, collaborò a giornali. Celato da pseudonimi, animò la rivista «Arbiter».
Erano i tempi in cui, qua e là, negli squallidi condomini della speculazione, qualcuno, volonteroso, cercava di dare all'abitazione un po' di calore, il senso dell'antiprigione. Marino Marioli, con il suo raffinato gusto, diede un tocco di signorilità ad appartamenti di amici, di conoscenti. Diede vita al Centro ricreativo OM dedicandovi intensa attività, negli anni Cinquanta. Il Centro, della fuori mano Via San Carlo, fu un'oasi di godimento spirituale dove passarono uomini come Ungaretti e Piovene, dove si ascoltarono recitazioni d'alto livello. Creò, per i dipendenti dello stabilimento appassionati di pittura e di fotografia, corsi di perfezionamento in sale per le loro esercitazioni. Organizzò mostre fotografiche e di pittura.
Unico suo premio fu l'insipienza del prossimo, unita all'invidia. Per cui si trasferì, in volontario esilio, ad Ischia, dove insegnò per alcuni anni. Là Egli diede sfogo alla sua tendenza pittorica, componendo grandi quadri, attingendo ai forti colori del golfo partenopeo. Il suo forte cromatismo, unito a tratti lineari oppure a figurazioni dinamiche, si imponeva prepotentemente alla attenzione. Già precedentemente aveva palesato la sua sensibilità nel campo delle arti figurative ordinando la mostra commemorativa di Angelo Inganni (aprile - maggio 1955) e quella dedicata ai «Pittori dell'Ottocento bresciano» (1956) nel salone Vanvitelliano di Palazzo Loggia. Anche in occasione del «Premio Brescia» che infuocò il clima artistico bresciano, era emerso; solo che il riconoscimento gli era derivato da tema ritenuto minore: quello della sezione grafico pubblicitaria. Si affermò dunque come pittore ed espose in mostra personale all'Associazione Artisti Bresciani nel marzo 1968, rivelandosi attento conoscitore delle correnti innovatrici, plastico e colorista singolare, dal tratto sicuro. Forse un che di pudore o timidezza lo indusse a celarsi dietro il nome di «Baldovino» e con tale nome presentarsi in catalogo.
Marino Marioli celava in sé ogni espressione della natura della terra natale: fra i campi di Botticino, dove la vite prospera ed il marmo pregiato si cela fra le zolle dei pampinei tralci. Marino Marioli ebbe in dono sensibilissimi moti interiori; li foggiò e li plasmò ad una cosciente preparazione umanistica, per formarsi l'uomo che fu. Di stile innanzitutto; nessuno indovinò la sua origine rurale. Il lieve incedere, appena di sbieco, impercettibilmente cadente da una spalla; la voce calda e fonda da dicitore, suadente, accattivante; l'abbigliarsi con ricercata eleganza; pareva distaccato da nobile rocca anglosassone. Conteneva tutti gli attributi dell'uomo di distinzione, di colui che ha il diritto, in certo senso anche il dovere, di insegnare dopo aver maturato convinzioni, aver assimilato fondamenti di vita spirituale. Tendeva di continuo a questo travaglio interiore, talché, giudicato superficialmente, sembrava distaccato, quando passava fra la gente, ma non per superbia. Badava soltanto a rincorrere il suo pensiero; gli capitava, a volte, di non vedere nemmeno gli amici. Bastava richiamarlo; abbozzava subito un velato sorriso, mendicante la scusa di non essersi accorto.
Stroncato da una leucemia fulminante, Marino Marioli cessò di vivere il 6 aprile 1975, lasciando la moglie Mariateresa Cupis, anch'essa insegnante di lettere ed il figlio Daniele, ingegnere, insegnante alla Facoltà di Ingegneria dell'Università di Brescia. Riposa nel Cimitero di San Francesco di Paola.
(Da Riccardo Donati in «Dizionario dei pittori bresciani»; da Sandro Minelli in «Rivista Biesse» dell'aprile 1975; da varie memorie di familiari ed amici).