Alessandra Majorana
ALESSANDRA MAJORANA
Sono una “Ragazza degli anni ‘70” che ha vissuto da studente quegli anni tra le mura , i corridoi, il giardino, il cortile del Liceo Calini.
Ho varcato, per mia volontà, il massiccio portone di via Montesuello l’ 1 ottobre
(allora le scuole iniziavano il giorno di San Remigio) del 1970.
Ho detto mia volontà perché avevo tutta la famiglia contraria alla mia scelta, tutti provenivano da una formazione classica Arnaldo, Arici ( entrambe scuole a 5 minuti da casa mia) o Suore Canossiane ( queste addirittura per così dire sotto casa).
Una ragazza “sola” al Calini …dov’è il Calini? Come farai ad andare ? che filovia dovrai prendere? Chi saranno i tuoi professori? Che compagni avrai?
Questi erano i dubbi e le preoccupazioni della mia mamma e del mio papà, considerato che molti degli insegnanti dell’ Arnaldo erano conosciuti per nome o per pregresse esperienze scolastiche e che tutte le mie amiche e compagni delle medie si erano iscritti al Classico.
Tutti tranne uno… il vero movens della mia scelta.
Si perché allora , alle medie, ero follemente innamorata ( si dice sempre così)
di un ragazzino che aveva scelto lo scientifico e in particolare il Calini e, avendo un anno più di me , mi aveva detto che mi avrebbe aspettata proprio al Calini.
Ma , come spesso accade, la delusione è dietro l’angolo… così, dopo essere uscita dall’aula al primo piano fronte strada assegnata alla Classe 1E, mi sono accorta che quel ragazzino non era più lì ma addirittura in un collegio sperduto nel Veneto.
OK! sono rientrata in quella che pensavo sarebbe stata la mia Aula per 5 lunghi anni, cercando di inserirmi con i miei nuovi compagni; compagni ai quali, ancor oggi dopo ormai mezzo secolo, sono legata non solo da un gruppo WhatsApp ma da una profonda amicizia e condivisione.
Abbiamo condiviso sempre tutto tra noi e i Professori, e con molti di loro abbiamo instaurato un rapporto bellissimo che poi si è trasformato nel tempo in rispettosa amicizia.
In verità di Aule ne abbiamo cambiate diverse duranti i 5 anni di liceo.
La prima, quella che non si scorda mai, come ho detto era nella parte, per così dire, antica , al primo piano con il soffitto alto e ampi finestre che davano su via Montesuello offrendo a noi tutti , seduti al banco, la vista sulle fronde degli ippocastani che ancor oggi svettano lungo il viale , che mutavano col passare delle stagioni segnando il corso dell’anno scolastico, dal foliage d’autunno- inizio delle lezioni- alla fioritura in primavera – fine della scuola.
Poi hanno inaugurato la parte nuova adiacente il cortile laterale con la nuovissima Aula Magna… Aula Magna, che ricordo, grande capiente luminosa utilizzata spesso per le assemblee studentesche.
Già perché le assemblee, i volantinaggi, i picchetti, gli scioperi, gli avvisi ”telefonata c’è una bomba …tutti fuori” , le auto della polizia sempre appostate alle uscite hanno caratterizzato, con la colonna sonora di Battisti, dei Beatles e di Guccini, la nostra quotidianità di studenti degli anni ’70 e in particolar modo di noi Caliniani.
Penso di essere sincera e di non essere smentita da molti miei coetanei, se dico che spesso in occasione di un compito in classe o di una interrogazione difficile, molti di noi speravano di trovare proprio il picchetto alla porta o un’ assemblea straordinaria o avviso bomba, per evitare danni alla media.
Fino a quando però la bomba è scoppiata davvero!
Una mattina di maggio (ormai diventata drammaticamente nota a tutti) pioveva, la strada tappezzata di volantini bagnati, i portoni della scuola chiusi ed il corteo degli studenti in cammino verso piazza della Loggia.
Mi ricordo di essermi fermata all’angolo di fronte al liceo, di aver guardato per un po’ tutti i manifestanti sfilarmi vicino incappucciati nei loro eskimi comprati al mercatino americano ( altra chicca di memoria) e di essermi posta il problema di come tornare a casa : pioggia, sciopero degli autobus e nessun ombrello, non aiutavano e di aver così dovuto scegliere la strada a piedi lungo tutta via San Faustino.
La pioggia era diventata più fitta e aver raggiunto l’inizio dei portici è stato un sollievo, non mi sarei più bagnata fino quasi a casa.
Quanta gente, quanti ombrelli visi giovani e meno giovani, noti e sconosciuti, voci amplificate , calca soprattutto nel tratto davanti a Tadini e Verza.
Ma io ero al sicuro sotto i portici camminavo guardano le vetrine, arrivata alla fine di Corso Zanardelli mentre mi accingevo ad attraversare l’angolo di fronte il Coin…un pauroso boato e un’ondata di vento improvviso hanno annunciato che il terrorismo aveva colpito quella mattina la mia Città.
Le sirene delle ambulanze, il fuggi fuggi, le voci che si rincorrevano, la paura e il pianto collettivi hanno fatto in quella mattina drammaticamente da cornice alla strage.
Da quel giorno molte cose sono cambiate, anche all’interno della scuola, c’era una sorta di mestizia diffusa nelle aule, lungo i corridoi anche nei giardini all’ombra dei grandi cedri del libano che continuavano a far ombra come sempre.
Chi, come me ha frequentato negli anni 70 il Calini non può certo dimenticarsi dei
“ panini” che il fornaio di Piazzale Cesare Battisti, lato liceo, vendeva e che a turno durante la ricreazione prima dell’ultima ora si andava a comprare.
Non chiedetemi come facevamo ad uscire e da quale cancello, ma soprattutto come si riuscisse a non farsi bloccare dal custode, un uomo alto e robusto che non rideva mai che ricordava il Lurch della famiglia Addams, che controllava tutti all’entrata e all’uscita, una sorta di videocamera vivente sempre pronto a riprenderci anche per qualche minuto di ritardo.
Ma come erano buoni quei panini … le strategie non mancavano.
Nella mia classe , sezione E , c’erano solo 9 femmine e durante l’ora di ginnastica ci univamo ad un altro sparuto gruppo di femmine della sezione D.
Cosa strana ci vedevamo solo durante l’ora di ginnastica o durante gli allenamenti che la professoressa Tupler, una donna energica dal fisico tipico delle sportive e piena di entusiasmo per l’atletica sempre in tuta, ( non so o non ricordo se fosse mai stata in Nazionale o avesse vinto qualche medaglia importante) organizzava nel giardino del Calini e al Campo Morosini , sperando di scoprire una nuova Sara Simeoni o una velocista da portare in Nazionale o alle olimpiadi.
Noi però eravamo più secchioni che sportivi, la nostra classe, che dal giorno della Maturità abbiamo battezzato la mitica 5E, ha dato alla città e non solo ben 10 Medici , 4o5 Ingegneri ( uno un vero genio approdato in un’ Università del Colorado) e molti insegnanti.
Il merito va anche ai nostri docenti, come la professoressa Malizia, che detestava i mie capelli mechati e le mie prime borse di Gucci e che senza mezzi termini me lo dimostrava quotidianamente, il prof Resconi, uno dei miei idoli , il Prof. Bernardi dallo humor inglese o il Padre Izmindi, che ci hanno trasmesso teoria, didattica, regole e rigore metodologico ma soprattutto hanno contribuito alla nostra formazione come persone libere nelle nostre scelte e decisioni, sono stati per noi esempio e stimolo che, almeno per me , ci ha accompagnati lungo tutto il nostro percorso formativo di studio prima e professionale poi , preparandoci alla Vita.
Dopo la Laurea in Medicina, ho scelto la carriera universitaria , sono un Ricercatore e Professore Ordinario, presiedo un Corso di Laurea e una Scuola di Specializzazione dell’Università di Brescia, mi sono Laureata a Brescia e studiato anche a Padova , per le Specializzazioni,e negli Stati Uniti.
Se dovessi tornare indietro percorrerei esattamente la stesse strade e farei le stesse scelte, anche se a volte si sono dimostrate difficili e faticose.
Soprattutto risceglierei il Liceo Calini per quella sua caratteristica capacità di aprire la mente e stimolare la praticità, l’intuizione e per certi versi un pragmatico comportamento che durante quei 5 anni ho con concretezza avvertito e fatto mio.
Dal luglio del 1975 dopo la Maturità non sono più entrata al Calini, ci passo davanti tante volte in auto e i giardini di fronte sono da sempre il punto di incontro degli appuntamenti con i miei ex compagni prima delle cene di Natale.
L’ occasione dei suoi primi 100 anni mi permetterà di tornare a varcare quel pesante portone, di rivedere i corridoi e salire le scale che portavano (sicuramente ancora portano senza barriere architettoniche) alle nostre aule, di vedere come è negli anni 2000 e trovare le differenze con quello che ho conosciuto negli anni ‘70, ma soprattutto sono certa che, con emozione incontrerò gli attuali “ padroni “ di casa, i nuovi studenti sicuramente a loro agio tra quelle mura ormai centenarie ma ancora e sempre più moderne e al passo con i tempi .
A loro rivolgo il mio più sincero augurio per concludere magnificamente l’ottimo percorso che hanno scelto e di procedere nella vita facendo tesoro di tutto quell’insegnamento che il Liceo Calini da 100 anni impartisce ai suoi studenti.
Alessandra Majorana